Perchè fare un’assicurazione sulla vita, sulla casa e sulla professione è importante




In un qualunque giorno dell’anno i quotidiani e l’informazione tele­visiva ci mettono al riparo dai mille pericoli della società contempo­ranea. Le catastrofi paiono annidarsi ovunque: criminalità, calamità naturali, incidenti d’ogni genere. La vita pare talora un videogame e arrivare a fine giornata sani e salvi è una conquista.  Da queste premesse concrete e psicologiche si comprende perchè fare un’assicurazione sulla vita, sulla casa, sulla propria professionalità è fondamentale per molti di noi.

I motivi di tale irrequietezza sembrano evidenti: la vita quotidia­na appare piena di pericoli e la natura non è stata ancora fronteggia­ta con mezzi sufficienti a proteggerci dalle intemperie e dalle avver­sità. Anzi, secondo alcuni, è proprio il progresso la fonte di incidenti e pericoli (nucleare, terrorismo, nuove malattie) che un tempo non affliggevano l’esistenza.

Tutto ciò è prevalentemente connesso alla percezione soggettiva, visto che i dati statistici non sembrano mostrare alcun imbarbarimento o crescita della pericolosità del contesto. Viviamo nella societa più sicura che sia mai esistita, come raccontano alcu­ni del principali sociologi contemporanei. Eppure, ci sentiamo anco­ra in balia della natura, degli scherzi del destino, come se fossimo nel Medioevo. Cosa accade?

L’assicurazione è importante

La prima cosa da rilevare è che siamo ancora legati al concetto na­turale di pericolo, al quale invece dovremmo velocemente sostituire quello di rischio.

Cosa distingue il pericolo dal rischio è presto detto: per pericolo si intende qualsiasi fonte di possibili lesioni o danno alla salute, al pa­trimonio, al benessere. II rischio, invece, è misurabile ed esprime il prodotto tra la probabilità che un evento dannoso possa verificarsi e l’entità delle conseguenze dannose dell’evento.

In pratica, la nostra vita è attentissima ai pericoli, ma i pericoli sono “cause” generiche, situazioni che possono creare danni (crimina­lità, fuoco…). E sono, purtroppo, molto amplificati da un’informa­zione che conosce bene la nostra tendenza ad appassionarci alle ca­tastrofi e a sottovalutare ciò che è ricorrente.

La componente psicologica

La componente psicologica gioca un ruolo fondamentale nelle nostre percezioni e nella conseguente valutazione di ciò che è ri­schioso e di ciò che non lo è. Così, per esempio, molti di noi temono i viaggi aerei, sebbene la probabilità di avere un danno provocato da un volo sia significativa solo per chi viaggia in aereo una olta al giorno per 5 mila anni… E, dunque, viaggiamo molto più volentieri in automobile, senza considerare che le probabilità di incappare in un incidente sono considerevolmente maggiori. Al contempo, ci in­teressiamo davvero poco di incidenti quali quelli domestici, che cau­sano diverse migliaia di vittime ogni anno. La sopravvalutazione del soggettivo rispetto all’oggettivo viene definita “legge dei piccoli numeri”. In base a questa legge, noi sopravvalutiamo il nostro pensie­ro, le nostre esperienze e la nostra capacità di fronteggiare gli impre­visti e tralasciamo invece di prestare attenzione a tutti gli indicatori statistici che dovrebbero aiutarci a comprendere quali rischi davvero possono intercettare la nostra vita.

Secondo alcune statistiche, la città con il maggior numero di abitanti che dichiara di avere delle paure è Mosca: il 99,6% delle persone ne è in qualche modo vittima. Meno colpite le città dei Paesi emergenti, tra cui Mumbai (80,5%) e Pechino (85,4%).




In generale, la paura affligge più le donne degli uomini e decresce per cittadini con i livelli economici più benestanti. Venendo all’ Italia, i romani dichiarano di avere qualche paura nel 93,2% dei casi. Il 45% sostiene di avere al­meno una paura molto forte e il 12,2% dichiara che la paura è il sen­timento che meglio descrive il proprio atteggiamento verso la vita.

Tra le paure, i romani dichiarano prevalentemente quella di non poter più essere autosufficienti. Al secondo posto, c’e la perdita di una persona cara. Poi, c’e il timore di perdere le facolta intellettive e, subito dopo, un tipo di paura molto nuova: quella che i nostri figli vadano incontro a una vita peggiore della nostra. Un tema che di rado si è presentato in precedenza, tanto e vero che ogni genitore si aspetta per i propri figli una qualità di vita migliore della propria.

Seguono, in questa inconsueta classifica, furti, aggressioni, vio­lenze e rapine. E, infine, perdere la casa e preoccupazioni relative al tenore di vita o alla disoccupazione.

Le ansie, dunque, non mancano. Che siano motivate oggettiva­mente o meno. Vi è tuttavia una forte sogget­tività, che si traduce nell’attribuire peso a uno o all’altro pericolo in funzione delle caratteristiche psicologiche di ciascuno di noi.

Al di là di naturali ansie causate da lutti e perdi­te, emerge che le persone temono il cambiamento, sia esso scolastico, fa­miliare o lavorativo. Il che potrebbe sembrare paradossale, dato che il cambiamento è l’essenza stessa della vita. Cambiare lavoro, lasciare una persona, iniziare un nuovo corso scolastico non sono fattori stressanti in se, lo sono solo in quanto vengono percepiti come tali.

In ogni caso la paura, la percezione del pericolo e lo stress sono condizioni naturali. Quello che connota la paura è la sua non misu­rabilità, il che la rende peraltro soggetta a manipolazioni e usi di ogni genere. Sulla paura si crea consenso sociale, sulla paura si fanno affari. Ne è esempio tipico l’architettura delle città moderne, che è architettura di difesa e di barriere. I villaggi satellite delle città, così come le nuove zone residenziali sorte dal nulla nei centri urbani, sono esempi evidenti della nuova cultura della fortificazione, che ha saputo sostituire ai fossati le barriere all’ingresso e i controlli tecnologici. II diffuso senso di insicurezza, inoltre, è fonte di richiesta e offerta di controlli, il che talora distrae i cittadini da problemi econo­mici, sociali pià rilevanti e, altro tema non residuale, porta molti di noi a concentrarci sull’”altro” invece che su di noi, e sul solo presen­te invece che “sul presente e sul futuro”.

Il passaggio dal Medioevo alla modernità segna il passaggio da una umanità spaventata, in balia del fuoco, delle tempeste, dei venti e di ogni avversario e avversità invisibile a una umanità capace di misurare i rischi e di dotarsi di strutture di protezione nuove, solida­ristiche, mutualistiche, nelle quali molti, privandosi di poco, evitano che qualcuno debba mai privarsi di molto.

Per fare questo, tuttavia, necessitano calcoli, stime e discipline scientifiche capaci di trasformare l’incertezza, e la paura che ne deri­va, in rischio, ossia in probabilità (stimabili) che si verifichi un evento che produca conseguenze positive o negative da cui difensersi e mettersi al riparo. Ecco perchè fare un’assicurazione diventa fondamentale per molti di noi.